Non può essere vero

Parlare di censura nel 2018 ci rimanda subito al medioevo ed ai falò con i libri eretici, invece stiamo parlando di un fatto attuale che riguarda la Cina, una nazione ben più sviluppata della nostra. La testata giornalistica The Intercept pubblicò un articolo denuncia sul nuovo obiettivo di Google: ripristinare il motore di ricerca nel Sol Levante, ma con una versione censurata in base agli standard nazionali. La notizia arrivò da alcuni dipendenti del colosso del web che, preoccupati per l’annientamento dei diritti morali ed etici dei cittadini, indirizzarono una lettera al CEO Sundar Pichai, con la quale richiedevano lumi sul progetto su cui stavano lavorando. E luce fu fatta, in parte…

 

Dragonfly

Il progetto “libellula” è sinonimo del voler sorvolare con leggiadria su di alcuni argomenti, nel caso specifico quelli collegati a censure e googletermini come: diritti umani, democrazia, religione e protesta pacifica. Questa era l’idea iniziale di Google che, di comune accordo con il Governo cinese, vorrebbe offrire il suo ottimo servizio ai circa 750 milioni di utenti web, però limitandoli con la censura. I taboo sono posti su politica, sesso, libertà di parola, studi accademici e storia, ma a risentirne è anche la conoscenza di libri, giornali internazionali e social network. Un’impresa non da poco, insomma, che ha fatto insospettire i lavoratori della Silicon Valley ed ha fatto sorgere un caso morale che si sta allargando a macchia d’olio.

 

Passato e futuro

Nel 2010, dopo svariati anni di tira e molla, Google abbandonò la Cina lasciando campo libero al collega Baidu. Le questioni politiche erano divenute troppo complesse, tant’è che anche LinedIn, Facebook e simili sono tutt’ora assenti in quella fetta di mercato. Whatsapp fu addirittura bloccato nel 2017, mentre le piattaforme d’acquisto tipo Alibaba hanno creato un impero che domina l’intero globo. Questa disparità è dovuta al fatto che l’autocensura preventiva mira al limitare la divulgazione di informazioni “sgradite” al Governo, cosa che ha fatto ribellare le Organizzazioni Non Governative (ONG). Secondo queste novelle paladine della giustizia la censura (soprattutto politica, religiosa e sociale) va a ledere i diritti umani, pertanto si oppongono apertamente al progetto mandarino del Big G.

 

Da un eccesso ad un altro

In Italia (così come in buona parte dell’Europa e dell’America), invece, dobbiamo combattere con il problema opposto alla censura: la troppa libertà mediatica che fa sorgere le fake news. L’accoppiata di “analfabetismo funzionale” e mancanza di googlecontrollo sul web sta portando ad un’epidemia di disinformazione a cui neanche la famiglia Angela riesce a far fronte. In merito i risultati “verità assolute” che si trovano su Google, infatti, si è espresso il papà Piero durante un’intervista per l’Huffington Post, in cui dichiara: «la velocità della luce non si determina per alzata di mano, non si possono mettere sullo stesso piano verità certificate e verità supposte». Questo a sottolineare il fatto che, anche se online tutti possono dire tutto, bisogna sempre ricercare fonti autorevoli e mai credere alle voci di corridoio. E se lo dice lui, come non appoggiarlo nella sua (e nostra) battaglia?

 

La verità sta nel mezzo

Sebbene fossero tempi differenti, anche l’Italia ha subito una censura dittatoriale, al cui termine si riprese con gli stessi strumenti utilizzati per pilotare le informazioni: i media. Così, personaggi come Mike Bongiorno e lo stesso Piero Angela son riusciti a spalancare le porte di un mondo celato; ma ai tempi del web 2.0 questo non è più sufficiente. La quantità di dati diffusi è talmente elevata da spingere l’utente medio a scorrere con rapidità, prediligere immagini d’effetto e titoli d’impatto, incrementando la disinformazione generale. Esser privati della libertà di conoscere per noi italiani è reato, ma in egual misura dovrebbe esserlo diffondere informazioni errate: in entrambi i casi si sta creando un popolo di ignoranti privi di capacità critica. Ad oggi l’informatica rientra tra le materie scolastiche, ma solo dal punto di vista tecnico, tralasciando la morale, l’etica ed il buonsenso con cui andrebbe utilizzata.

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